L’educazione ambientale è un processo di apprendimento finalizzato a sviluppare la consapevolezza, la comprensione e l’apprezzamento dell’ambiente naturale e delle questioni ambientali. Questo tipo di educazione mira a incoraggiare comportamenti sostenibili, promuovere la conservazione delle risorse naturali e affrontare le sfide ambientali globali. L’educazione ambientale è essenziale per affrontare sfide come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento. Aiuta le persone a comprendere come le loro azioni influenzano l’ambiente e promuove uno stile di vita più sostenibile e responsabile. Infatti, gli ultimi due secoli che vanno dal 1800 al 2000 sono stati caratterizzati dall’uso di un modello di sviluppo basato sul prelievo di risorse e sullo sviluppo economico.  Questo è il modello di economia lineare che non tiene in considerazione dei possibili effetti sull’ambiente: è caratterizzato da un trend senza alterazione tra il prelievo, la produzione di beni e di risorse e la produzione di rifiuti associati ai sistemi produttivi creati. Lo sviluppo tradizionale è basato sul prelievo di risorse e sul concetto che l’ambiente in cui l’uomo si trova è un ambiente da sfruttare per migliorare la propria esistenza, ci si basa sul prelievo delle risorse e sul loro sfruttamento per lo sviluppo economico. Da circa 10 anni è nato un nuovo concetto di sviluppo sostenibile cioè un nuovo modello nato per far fronte ai problemi ambientali riconosciuti a livello globale perché non ci si può basare solo sullo sviluppo economico ma in un modello di sviluppo della popolazione umana deve essere incluso anche la conservazione dell’ambiente e l’equità sociale. Non si parla più di economia lineare basta sul prelievo, sfruttamento e produzione di rifiuti ma si parla di economia circolare e di riciclaggio ovvero riutilizzare la materia di prima di cui è fatto il rifiuto per produrre nuova materia prima a fine ciclo. L’economia circolare ha l’obbiettivo complessivo di aumentare l’efficienza delle materie prime che entrano nei cicli produttivi quindi si basa su una migliore selezione delle materie prime, sull’aumento dell’efficienza dei cicli produttivi per evitare gli scarti lungo la catena di produzione, migliorare la performance della distribuzione delle risorse e infine prevede dei cicli di recupero di parti o riutilizzo del prodotto per altre funzioni. Inoltre prevede anche la riduzione di rifiuti che alla fine del ciclo porta ad una diminuzione della quantità dei rifiuti prodotti. I modelli naturali funzionano esattamente così, questo modello economico circolare nasce proprio come imitazione dei cicli naturali rendendo più efficienti l’uso delle risorse. Sempre più studi hanno dimostrato un degrado ambientale di conseguenza bisogna agire tempestivamente. Quindi dalla fine del secolo scorso le organizzazioni governative come le Nazioni Unite e gli organi associati insieme ai rappresentanti dei vari paesi, hanno iniziato a riunirsi per poter stipulare delle linee guida e fare dei patti tra paesi sulle tematiche ambientali e sociali per provare a invertire la tendenza. La prima conferenza è stata quella di Stoccolma per l’ambiente umano nel 1972. Vi è il riconoscimento del nesso tra l’ambiente e il benessere umano e la consapevolezza dei limiti dei sistemi naturali sia nel fornire risorse che nell’assorbire gli impatti, ovvero l’uomo sta consumando sia troppa energia che troppe risorse. Vi fu la necessità di educare le persone sulle tematiche ambientali, proprio perché l’uomo non veniva considerato facente parte dell’ecosistema stesso. In questa occasione nacque l’UNEP ovvero l’ente per la protezione ambientale delle Nazioni Unite. La dichiarazione finale di Stoccolma fu che l’uomo ha un diritto fondamentale alla libertà, all’uguaglianza e a condizioni di vita soddisfacenti in un ambiente che gli consenta di vivere nella dignità e nel benessere, ed è altamente responsabile della protezione e del miglioramento dell’ambiente davanti alle generazioni future. Poi nel 1987 con la commissione mondiale sull’ambiente e sullo sviluppo cioè con il rapporto Brundtland fu coniata la prima definizione di sviluppo sostenibile ovvero uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie, ovvero lo sviluppo si deve basare sullo sfruttamento delle risorse senza esaurirle affinché le generazioni future ne possano godere. Poi nel 1992 ci fu il summit di Rio de Janeiro in cui l’obbiettivo era quello di valutare lo stato di salute del pianeta e adottare un piano d’azione (Agenda 21) per affrontare ai problemi ambientali del 21° secolo. Il 20% degli abitanti della terra consuma l’80% delle risorse disponibili e sono responsabili dell’80% delle emissioni di CO2 le cui conseguenze si pagano a livello globale. In questo summit fu coniato il concetto del Principio di precauzione: se non sappiamo cosa può comportare un’azione (danno o rischio) è meglio non procedere con l’azione in questione. Quindi in caso di rischio, di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive dirette a prevenire il degrado ambientale. In questo contesto nacque la convenzione quadro delle nazioni unite sul cambiamento climatico UNFCCC: fu riconosciuto a livello globale un cambiamento del clima associato alle emissioni di CO2 e quindi i paesi presenti firmarono questa convenzione per adottare specifici protocolli atti a stabilire i limiti di emissioni. Fu anche stipulata la convenzione della biodiversità (Biological Diversity Convention), questa convenzione aveva l’obbiettivo di tutela della biodiversità riconoscendo il valore della diversità biologica, uso durevole dei suoi elementi e la ripartizione giusta dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche. Tutti questi summit hanno dei ruoli fondamentali e sono molto simbolici perché l’efficacia dei summit si riconosce nell’impegno di ognuno dei paesi che partecipa che devono mantenere gli impegni sottoscritti, che però non tutti fanno nel tempo. L’educazione ambientale è uno strumento fondamentale per sensibilizzare i cittadini e le comunità ad una maggiore responsabilità e attenzione alle questioni ambientali e al buon governo del territorio. Il concetto di educazione ambientale si è sviluppato in quanto il rapporto tra l’uomo e l’ambiente si va sempre più deteriorando. È nata come rimedio con cui contrastare un danno (Angelini et al. 2007). L’educazione ambientale riveste un ruolo essenziale nella sensibilizzazione delle nuove generazioni e fornisce la conoscenza necessaria per assumere comportamenti responsabili a tutela della salute e dell’ambiente. Le buone pratiche sull’educazione ambientale e il coinvolgimento della comunità sono fondamentali per promuovere la consapevolezza ambientale, incoraggiare comportamenti sostenibili e creare una cultura di responsabilità nei confronti dell’ambiente. Ecco alcune strategie e pratiche che possono essere adottate per raggiungere questi obiettivi:
  1. Programmi educativi integrati: Sviluppare programmi educativi che includano l’educazione ambientale nelle scuole e nelle università, incoraggiando gli studenti a comprendere le questioni ambientali e ad adottare comportamenti sostenibili.
  2. Formazione di insegnanti e educatori: Fornire formazione specifica agli insegnanti e agli educatori su come integrare l’educazione ambientale nei loro programmi di studio e nelle loro attività.
  3. Laboratori ed esperienze pratiche: Organizzare laboratori, gite educative e attività pratiche che coinvolgano gli studenti e la comunità nel monitoraggio ambientale, nel riciclaggio, nella pulizia dei parchi e in altre attività pratiche.
  4. Coinvolgimento dei genitori: Coinvolgere i genitori nelle attività educative, creando un collegamento tra l’apprendimento in classe e le pratiche sostenibili a casa.
  5. Eventi e manifestazioni pubbliche: Organizzare eventi, workshop, conferenze e manifestazioni pubbliche per promuovere la consapevolezza ambientale e coinvolgere la comunità nel dialogo e nell’azione.
  6. Campagne di sensibilizzazione: Lanciare campagne di sensibilizzazione sui social media, tramite materiale educativo e pubblicità per diffondere messaggi chiari e coinvolgenti sulla sostenibilità.
  7. Promozione del volontariato ambientale: Creare programmi di volontariato per coinvolgere i membri della comunità nell’aiutare a preservare l’ambiente.
  8. Collaborazione con le scuole: Lavorare con scuole e istituzioni educative per integrare l’educazione ambientale nei curricula scolastici e promuovere progetti congiunti.
  9. Creazione di spazi verdi: Promuovere la creazione e la manutenzione di spazi verdi, giardini comunitari e parchi che siano luoghi di apprendimento e connessione con la natura.
Queste buone pratiche possono contribuire a creare un’educazione ambientale efficace e coinvolgere la comunità in modo significativo per promuovere uno stile di vita sostenibile e la conservazione dell’ambiente. Per ulteriori approfondimenti: Video by HUB Scuola