Alla base dell’ecologia degli ecosistemi troviamo una complessità di processi che determinano prima di tutto la formazione di flussi di energia a partire dal sole governati dalle principali leggi delle termodinamica, ed è proprio questa energia che successivamente influenza i processi fotosintetici degli organismi vegetali e di conseguenza la formazione della produzione primaria, che si divide in lorda ossia la quantità di energia totale che viene fissata dalle piante mentre la restante post consumo di energia viene chiamata netta. In seguito poi vi è una moltitudine di processi che permettono la formazione del ciclo dei nutrienti all’interno di un ecosistema che è costituito da tutte quelle sostanze che sono rese nuovamente disponibili in seguito ai processi di decomposizione della materia organica e in fine la formazione di cicli biogeochimici (Odum, Barret, 2006).
Gli organismi autotrofi grazie alla fissazione dei composti organici sono la fonte principale di energia degli ecosistemi terrestri. Questa energia che viene immagazzinata viene trasferita attraverso l’ecosistema grazie ad un importante catena, la catena alimentare che viene definita come quella moltitudine di passaggi tra “chi mangia” e “chi viene mangiato”, al suo interno possono istaurarsi delle relazioni che sono chiamate livelli trofici. Il primo livello trofico in assoluto è quello dei produttori primari, seguito dagli organismi erbivori e poi dai carnivori, gli organismi onnivori si collocano “ a cavallo” tra il secondo e il terzo livello trofico. Ogni livello è collegato al successivo grazie ad un flusso continuo di energia.
Un ecosistema può essere caratterizzato principalmente da due tipi di catene alimentari, la prima che è la catena del pascolo dove la fonte di energia primaria è la biomassa vegetale e la seconda che è la catena alimentare del detrito dove le fonti principali di energia sono la materia organica morta o il detrito in se. L’unica differenza tra i due tipi di catena è che la prima è unidirezionale in quanto l’energia passa da un livello all’altro, mentre la seconda permette alla sostanza organica morta e al detrito di essere riutilizzati e messi nuovamente in circolo.
Gli organismi che appartengono ad una o più catene alimentari sono definiti come dei punti di collegamento tra una catena e all’altra formando una vera e propria rete. Proprio per questo motivo è più giusto parlare di rete alimentare piuttosto che di catena alimentare, in quanto queste relazioni che intercorrono tra gli organismi non sono lineari. Infatti un organismo o anello di una catena alimentare può appartenere anche ad altre catene, formando così una rete trofica.
Il paesaggio e le sue dinamiche
Il paesaggio viene definita come un’area con determinata struttura spaziale del tutto eterogenea, al suo interno troviamo delle porzione di territorio formata da numerose tessere che sono incluse nella matrice ambientale. Un paesaggio possiede dei limiti bene precisi che fanno si che si formino delle vere e proprie tessere, delineando cosi un vero e proprio mosaico in cui più tessere coesistono. I margini di ogni tessera sono definiti come dei punti di contatto in cui possono verificarsi o meno delle interazioni in questi punti entra in gioco un importante proprietà, la connettività. Un elemento che permette l’aumento della connettività è la presenza di veri e propri corridoi tra le differenti tessere le quali permettono lo spostamento degli organismi da un parte all’altra, possono essere formati da habitat molto simili a quelli delle tessere che legano.
Lo spazio entro cui una tessera entra in contatto con un’altra forma una di zona di confine, questi confini possono avere differenti forme come ad esempio stretto il quale costituisce una netta e drastica differenza tra i due ambienti, oppure può essere ampio generando così un’ampia zona di scambio chiamata ecotono, o anche convoluto in cui il confine non ha una forma ben precisa ma bensì ha differenti geometrie o interrotto in cui non si a una continuità nel margine ma solamente alcuni punti di passaggio. (Smith, Smith, 2017)
La conformazioniedi ogni paesaggio è unica nel suo genere ed è il frutto di numerosi fattori biotici, abitoci o disturbi sia naturali che antropici che si sono susseguiti nel tempo. Le comunità vegetali e animali che troviamo in ogni paesaggio sono spesso influenzate dai numerosi fattori di disturbo che possono insistere sconvolgendo letteralmente la struttura e il funzionamento delle comunità che popolano quel determinato paesaggio. Gli stessi eventi di disturbo hanno un duplice compito, da un lato generano un tipo di paesaggio e dall’altro lo influenzano. Tra i fattori di disturbo naturale vi sono il pascolo, il vento, la pioggia e le tempeste, mentre tra i fattori di disturbo antropici troviamo principalmente tutte le attività umane che incidono e cambiano drasticamente il paesaggio come ad esempio la rimozione complessiva di una determinata area naturale per far posto ad attività agricole o pascola, ma anche lo sfruttamento delle foreste per ricavare legna. Da tutto ciò ne deriva una vera e propria frammentazione degli habitat che può portare ad un declino della biodiversità con perdita complessiva dell’habitat in se.
All’interno di ogni tessera possiamo trovare numero specie animali e vegetali, ma vi sono delle specie in particolare che si sono gradualmente adattate a vivere nelle zone di passaggio tra una tessera e un’altra, questo si sono adattate a scarse condizione d’ombra e spesso anche di aridità, sono definite specie margine. Vi sono anche delle specie delle aree centrali che contrariamente a quelle di confine non riescono a tollerare le condizione dei margini e quindi si spingono verso zone più centrali delle tessere. Inoltre troviamo anche delle specie indifferenti che riescono a vivere sia nelle zone di margine che nelle zone interne (Odum, Barret, 2006).
La struttura di una comunità può con il tempo e con i differenti fenomeni di disturbo essere influenzata dalla dimensione delle tessere. Una tessera di paesaggio più grande generalmente possiede un numero maggiore di individui e di specie rispetto ad una tessere più piccola. Questa relazione che intercorre tra la grandezza della tessera e il numero di individui-specie è veritiera in quanto tanto maggiori sono le dimensioni della tessera, maggiore è la possibilità che vi siano delle variazioni topografiche e nei diversi tipi di suolo e di conseguenza maggiore è la probabilità di avere differenti specie vegetali e animali. Inoltre dall’estensione della tessere fa si che tessere molto grandi possano avere sia zone centrali che zone di margine rispetto a tessere molto più piccole dove si hanno principalmente zone di margine.
La Biodiversità
Il termine biodiversità è stato coniato dall’entomologo americano Edward O. Wilson nel 1988. La biodiversità è definita come la ricchezza di vita sulla terra è comprende milioni di piante, animali e microrganismi ma anche i geni in essi contenuti, e tutti gli ecosistemi che costituiscono nella biosfera.
Questa varietà non include solo la forma e la struttura degli esseri viventi, ma anche la diversità intesa come abbondanza, distribuzione e interazione tra le diverse componenti del sistema. Sostanzialmente, all’interno di un ecosistema convivono ed interagiscono fra loro diversi organismi che interagiscono inoltre con le componenti fisiche ed inorganiche. La biodiversità comprendere anche la diversità culturale umana, che subisce degli effetti negativi dagli stessi fattori che agiscono sulla biodiversità. (fonte: www.isprambiente.gov.it)
La biodiversità, quindi, rappresenta il numero, la varietà e la variabilità degli organismi viventi e come questi variano da un ambiente ad un altro nel corso del tempo.
La Convenzione ONU sulla Biodiversità (CBD) che si è tenuta a Rio de Janeiro nel 1992 all’interno del Vertice della Terra la quale definisce la biodiversità come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, evidenziando che essa include la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema. La CBD è un trattato internazionale giuridicamente vincolante che possiede principalmente tre obiettivi:
- Conservazione della biodiversità
- Uso sostenibile della biodiversità
- Giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche.
Il suo obiettivo generale è quello di incoraggiare azioni che porteranno ad un futuro sostenibile.
Esistono sostanzialmente tre differenti tipi di biodiversità:
- La diversità di ecosistema ossia il numero e l’abbondanza degli habitat, delle comunità viventi e degli ecosistemi in cui i diversi organismi vivono e si evolvono.
- La diversità di specie include invece la ricchezza di specie, misurabile in termini di numero delle specie presenti in una determinata area, o di frequenza delle specie, ossia la loro sporadicità o abbondanza in un determinato territorio o in un habitat.
- La diversità genetica definisce la differenza dei geni all’interno di una determinata specie, corrisponde alla pienezza del patrimonio genetico a cui tutti gli organismi che popolano la Terra contribuiscono.
La biodiversità fortifica la produttività di un ecosistema. È stato dimostrato che la perdita di biodiversità contribuisce ad un instabilità alimentare ed energetica, inoltre aumenta la possibilità di verificarsi ai disastri naturali, come inondazioni o tempeste tropicali, permette anche la diminuzione del livello della salute all’interno delle popolazioni infine riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni socio-culturali.
Ogni specie, riveste e svolge un ruolo specifico nell’ecosistema in cui vive e proprio grazie al suo ruolo aiuta l’ecosistema a mantenere degli equilibri vitali. Anche una specie che per esempio non è a rischio su scala mondiale può però avere un ruolo essenziale su scala locale.
La diminuzione della biodiversità a questa locale avrà un impatto per la stabilità dell’habitat. Ad esempio, una vasta varietà di specie si traduce in una più vasta varietà di colture, con una maggiore diversità di specie che assicura la naturale sostenibilità di tutte le forme di vita. Un ecosistema che possiede un ottimo stato di salute sopporta meglio un disturbo, una malattia o un’intemperie, e reagisce meglio.
La biodiversità è importante anche per l’uomo perché è fonte di numerosi beni, risorse e servizi, i servizi ecosistemici. Questi servizi, si dividono in servizi di supporto, di fornitura, di regolazione e culturali, di cui l’uomo beneficia direttamente o indirettamente.
Questi servizi hanno un ruolo chiave nella formazione dell’economia delle popolazioni e degli Stati. Ad esempio, la biodiversità vegetale, che include le piante coltivate e selvatiche, costituisce la base dell’agricoltura, la quale provvede la produzione di cibo e contribuisce anche alla salute e alla nutrizione di tutta la popolazione mondiale.
Più di un terzo degli alimenti umani non sarebbero disponibili se non ci fossero degli organismi impollinatori (api, vespe, farfalle, mosche, ma anche uccelli e pipistrelli), i quali grazie al trasporto del polline delle antere maschili sullo stigma dell’organo femminile, dando luogo alla fertilizzazione.
La biodiversità fornisce una moltitudine di risorse come nutrimento (vegetali e animali), fibre per tessuti (cotone, lana, ecc.), materie prime per la produzione di energia (legno e minerali fossili) ed è la base anche per la formazione dei medicinali.
La perdita e l’impoverimento della biodiversità ha impatti pesanti sull’economia e sulle società, riducendo la disponibilità di risorse alimentari, energetiche e medicinali.
Esistono numerosi fattori che permettono la perdita e diminuzione della biodiversità. Guardano a scala globale, i principali fattori di perdita di biodiversità sono la distruzione, degradazione e frammentazione degli habitat, causati sia da fenomeni naturali come incendi, eruzioni vulcaniche, tsunami e alluvioni, sia da profondi cambiamenti del territorio generati dalle azioni antropiche come ad esempio le grandi opere di disboscamento per lasciare posto a coltivazioni come la soia, canna da zucchero o palma da olio, tutto questo è tra le principali cause di perdita di biodiversità. Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), negli ultimi dieci anni sono distrutti quasi 13 milioni di ettari di foreste l’anno. A questi si aggiungono altri milioni di ettari che ogni anno sono distrutti dal prelievo di legname e dalle differenti attività antropiche. In seguito alla distruzione delle foreste si liberano in atmosfera enormi quantità di gas-serra, i quali sono ritenuti i principali responsabili del riscaldamento globale. Gli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sostengono che circa il 20% dei gas-serra immessi in atmosfera derivano dalla deforestazione e distruzione degli habitat. Anche il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici sono a ulteriori fattori che permettono la perdita di biodiversità.
Vi sono anche numerosi fattori come:
- I cambiamenti climatici che con l’alterazione del clima a scala globale e locale hanno già prodotto effetti significativi sulla biodiversità, in termini di distribuzione delle specie e di mutamento dei cicli biologici.
- L’inquinamento in quanto tutte le attività antropiche hanno generato e continuano a generare delle alterazioni dei cicli vitali fondamentali per il corretto funzionamento degli ecosistemi. Le principali fonti d’inquinamento sono: industrie, gli scarichi civili, attività agricole che impiegano insetticidi, pesticidi e diserbanti, alterano le strutture dei suoli.
- L’introduzione di specie alloctone o aliene ossia l’introduzione di specie originarie di altre aree geografiche che nel momento in cui si insediano grazie alle loro peculiarità intrinseche riescono a proliferare molto rapidamente ad insediarsi ed entrare in competizione con le specie locali, sostituendosi la maggior parte delle volte ad esse.
- Il sovrasfruttamento delle risorse di caccia e pesca le quali possono aggravare situazioni già a rischio per la degradazione degli habitat. Le specie più minacciate sono quelle la cui carne è commestibile ma anche quelle le cui pelli, corna, tessuti e organi hanno un alto valore commerciale (tigri, elefanti, rinoceronti, balene, ecc.).
Secondo la rivista scientifica Science gli indicatori dei principali fattori di pressione della perdita di biodiversità (la distruzione degli habitat, l’inquinamento da azoto dei suoli e delle acque, la diffusione delle specie aliene invasive, i cambiamenti climatici, il sovra-sfruttamento delle risorse naturali) hanno mantenuto la loro intensità o l’hanno addirittura aumentata.
L’Italia è una nazione con un patrimonio di biodiversità piuttosto ampio rispetto ai livelli europei inteso sia come numero totale di specie animali e vegetali, sia per l’alto tasso di endemismi. Questa ricchezza è generata dalla diversità litologica, topografica ma anche climatica che caratterizza il nostro Paese, inoltre alla sua storia paleogeografica e paleoclimatica, ma soprattutto alla sua posizione centrale nel bacino Mediterraneo, la quale rappresenta un importantissimo hotspot di biodiversità. (fonte: www.isprambiente.gov.it)
L’Italia oltre ad essere tra i Paesi europei con maggior ricchezza floristica e faunistica, possiede elevati tassi di endemismo, ossia dalla presenza di specie che vivono esclusivamente nel territorio italiano. Gli elevati tassi di endemismi presenti nel nostro Paese generano una grande responsabilità in termini di conservazione per l’Italia.
Questi livello di biodiversità sono seriamente minacciati e numerose specie ed ecosistemi rischiano di essere perduti.
A livello internazionale sono state generate delle liste rosse che sono uno strumento fondamentale per valutare e comunicare lo stato di conservazione delle specie in tutto il mondo. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che si dedica alla conservazione della natura e alla sostenibilità. Uno dei suoi principali contributi è la creazione e la gestione delle liste rosse, che sono ampiamente riconosciute come una fonte autorevole di informazioni sulla biodiversità globale. Le specie vengono valutate secondo criteri specifici stabiliti dall’IUCN. Questi criteri prendono in considerazione fattori come la dimensione della popolazione, l’estensione e la distribuzione geografica, la riproduzione, la sopravvivenza e la presenza di minacce. In base ai risultati di queste valutazioni, le specie vengono assegnate a una delle seguenti categorie della Lista Rossa IUCN:
- Estinto (EX): Nessuna prova di sopravvivenza in natura.
- Estinto in natura (EW): Sopravvive solo in cattività.
- In pericolo critico (CR): In imminente rischio di estinzione.
- In pericolo (EN): Rischio elevato di estinzione.
- Vulnerabile (VU): Rischio moderato di estinzione.
- Quasi minacciato (NT): Vicino al rischio di diventare minacciato.
- Preoccupazione minima (LC): Non soddisfa i criteri per le categorie più minacciate.
- Dati insufficienti (DD): Non abbastanza informazioni per valutarne lo stato.
- Non valutato (NE): Non ancora valutato.
Le liste rosse offrono una panoramica delle tendenze nel tempo, consentendo agli scienziati, ai governi, alle organizzazioni ambientali e al pubblico di monitorare il progresso dei programmi di conservazione e affrontare le minacce alla biodiversità. Queste liste sono anche utilizzate per identificare le aree in cui sono necessari sforzi maggiori di conservazione e per orientare le decisioni di gestione del territorio e delle risorse. Inoltre, possono svolgere un ruolo importante nelle strategie di sensibilizzazione e nell’educazione ambientale, contribuendo a promuovere una maggiore consapevolezza sulla necessità di preservare la diversità biologica del nostro pianeta.
Le Liste Rosse mondiali, elaborate e aggiornate dalla IUCN, indicano che in Italia oltre 240 specie sono a rischio elevato di estinzione completa (categorie CR+EN)
Dalle Liste Rosse Italiane si evincono dati poco rassicuranti per la conservazione della biodiversità: risultano essere minacciate o a rischio di estinzione il 43% delle 202 policy species della nostra flora (specie tutelate dalla Convenzione di Berna e dalla Direttiva Habitat 92/43/CE), incluse nelle categorie di rischio CR-criticamente minacciato, EN-minacciato e VU-vulnerabile e risultano estinte o probabilmente estinte 8 Piante vascolari e 3 Briofite. Tra i Vertebrati italiani sono a rischio di estinzione (categorie CR+EN+VU) il 21% dei Pesci cartilaginei, il 48% dei Pesci ossei di acqua dolce, il 2% dei Pesci ossei marini, il 19% dei Rettili, il 36% degli Anfibi, il 23% dei Mammiferi e il 27% degli Uccelli nidificanti. (fonte: www.isprambiente.gov.it)