Tra le pratiche espressive, le tradizioni ludiche sono trasmesse a Piazza Armerina entro dinamiche di elaborazione comunitaria storicamente stratificate. Il perdurare nella memoria collettiva dei giochi tradizionali piazzesi assume un’importante funzione identitaria e un significato ancora più profondo se ne rintraccia la pratica nel passato. Tra le prime attestazioni delle tradizioni ludiche di Piazza Armerina, vi sono le documentazioni riportate da Giuseppe Pitrè nella sua Biblioteca delle Tradizioni Popolari. La monumentale opera del medico e demologo siciliano fu pubblicata dal 1841 al 1916 in venticinque volumi dedicati agli elementi di vita e di cultura del popolo siciliano, ovvero a usi e costumi, canti, poesie, fiabe, novelle, racconti, proverbi, leggende, spettacoli e feste, credenze, medicina popolare e giochi fanciulleschi. A commento di questa vasta opera, Pitrè riunì anche oggetti e manufatti relativi alla vita quotidiana, alle attività produttive e alla sfera del simbolico, che confluirono nelle collezioni del Museo etnografico siciliano20. Il tredicesimo volume della Biblioteca, dedicato ai Giuochi fanciulleschi siciliani21 cita l’uso a Piazza Armerina di tre giochi tradizionali e ne riporta i nomi dialettali. Il gioco, chiamato dai piazzesi Sautampizz, è descritto da Giuseppe Pitrè come un «Pezzetto di ferula in forma di lucertola, o tarantola, o ranocchio, e nel sec. passato di uccelletto (a) […], i cui piedi sarebbero rappresentati da un pezzettino di canna arcuata, che vi s’infilza nel mezzo (b) legando le estremità libere della canna con un poco di spago (c), nel cui centro si gira un fuscello o uno stecchino (d), e tanto si gira e si rigira, che l’arco si tende, e un capo libero della cannuccia si forza verso la coda, al lato inferiore del ranocchio, sulla quale è attaccata della pece da calzolaio (e). Il fuscello premuto nella pece vi rimane appiccicato tanto che basti ad essere il balocco posato sur un piano; e allora si stacca e il ranocchio per quella specie di molla che scatta salta con violenza»22. Pitrè ricorda, inoltre, l’uso di vendere il giocattolo in occasione delle fiere che si svolgevano spesso in concomitanza con le feste religiose
Diffuso a Piazza Armerina con il nome di Cumedia, è un aquilone di forma quadrata teso da una stecca o una piccola canna verticale detta spitu (a) e da una arcuata detta sonu o arcu (b). L’aquilone si lega a due punti (c, d) con un filo detto cursali (e) e ad esso si può attaccare una lunga coda (cuda), o catene (catineddi) o fiocchi di carta (giumma). Queste forme di carta possono essere legate tra loro e mandate in aria in sequenza e in questo caso prendono il nome di filera. Quando la cumedia si trova già in aria si possono inserire all’estremità dello spago dei pezzetti di carta rotondi e forati al centro che possono raggiungere la parte alta dell’aquilone e sono detti curreri (corrieri)
Lo scacciapensieri è uno strumento musicale idiofono, annoverato da Giuseppe Pitrè tra i giochi tradizionali. A Piazza Armerina lo strumento era chiamato Maumarruni. Pitrè ricorda che il termine è composto da mau (ma, mar, o malu in altre varianti) ovvero malo e larruni, cioè ladrone. L’etimologia della parola si lega, secondo il demologo siciliano, alla tradizione secondo la quale anticamente i ladri si servissero dello scacciapensieri per eludere la vigilanza della ronda (rrunna). Poiché il suono dello strumento è udibile a distanza, Pitrè ritiene anche probabile che venisse utilizzato dai ladri per darsi avviso da un punto ad un altro dell’arrivo di un viandante. Dopo avere riportato questa antica tradizione, Pitrè documenta nel volume del 1883 che il Maumarruni era un semplice passatempo per i fanciulli, i giovani innamorati e gli spensierati24. Lo strumento è in ferro e ha la forma di ferro di cavallo con una lamella libera da un’estremità. Si suona posizionandola sulla bocca e pizzicando la lamella mobile con le dita mentre si cambia la forma della cavità orale e la posizione della lingua per regolare l’altezza dei suoni.
Insieme alle tradizioni ludiche, Piazza Armerina si caratterizza per un vasto repertorio orale di fiabe, racconti, proverbi, leggende, indovinelli e scioglilingua. Queste forme espressive tramandate oralmente compongono un immenso patrimonio di memorie, che riflette la storia e i caratteri del Comune ennese. I proverbi codificati nella memoria collettiva di Piazza Armerina sono stati documentati da studiosi di dialettologia, antropologia e storia delle tradizioni popolari. La più importante raccolta di proverbi piazzesi è contenuta nel volume di Remigio Roccella del 1872, riedita nel 1877: Poesie e Prose nella lingua parlata piazzese25. Anche Giuseppe Pitrè ritenne i proverbi di Piazza Armerina meritevoli di particolare attenzione per il dialetto nel quale erano formulati e ne riportò 235 nel suo Saggio di proverbi lombardi di Sicilia, incluso nel volume della Biblioteca delle Tradizioni Popolari sui Proverbi siciliani26 e ne indagò le caratteristiche nel terzo volume della stessa Biblioteca, dedicato agli Studi di poesia popolare27.
A titolo indicativo delle peculiarità di tali forme espressive si riportano alcuni esempi:
«Cu dà u pangh au cangh strangh.
Perd u pangh e perd u cangh.
Dèu t’ scanza du gatt, ch’ t’ decca davanti e sgraffigna ‘ndarrèra.
Gaddina ch’ cammina S’ r’coggh’ cu a bozza cina.
Scöva növa scrusc fa.
Cu prima nasc, prima pasc.
L’egua n’ Aöst ment öggh, meu e most.
L’egua fa l’ort»28
Com’è evidente, i proverbi rappresentano uno straordinario strumento di conoscenza del sistema di rappresentazione tradizionale del mondo e della vita della comunità piazzese. Alcuni proverbi fanno ad esempio esplicito riferimento ad usi e costumi o persino alle peculiarità del paesaggio. La diffusa presenza di noccioleti a Piazza Armerina e il ruolo delle donne nella manipolazione del frutto può essere ad esempio desunta dal detto «A Chiazza, a Chiazza li fimmini beddi tuttu lu jornu scàccianu nuciddi (Le belle donne di Piazza Armerina tutto il giorno schiacciano nocciole»
Di seguito si segnalano le schede delle risorse del patrimonio culturale immateriale di Piazza Armerina iscritte al REIS: